Un’altra linea dismessa, maltrattata, a tratti dimenticata, più spesso ancora considerata simbolo del degrado. Avete presente tutto ciò?
Di tutto ciò non parlerò. Non mi interessa e mai mi interesserà.
Il mio viaggio inizia sotto Rotonda, nella valle del Mercure, un lembo di terra chiusa tra il Massiccio del Pollino e i monti costieri, a ridosso della Calabria. Sono lontano da entrambi i capoluoghi lucani. Potenza, di cui questa terra ne è provincia, è distante. Tanto. Mi trovo nell’estrema parte meridionale della Lucania.
La prima cosa che penso sotto Rotonda, dopo aver percorso oltre 150 km per raggiungere quel luogo custode di uno scalo offuscato nelle memorie collettive dei residenti, è di aver sbagliato completamente i tempi. Sono già nella fine del primo pomeriggio e probabilmente raggiungerò Lagonegro con le tenebre.
La stazione di Rotonda-Viggianello mi appare in una pianura, giallastra, ocra. Buttata lì come una prostituta, ignorata dal vicinato.
I residui di un’antica linea ferroviaria secondaria sono evidenti. Primo avamposto lucano per chi proveniva dalla Calabria. Sarebbe abbastanza naturale chiedersi perché da Spezzano qualcuno mai avrebbe dovuto raggiungere Lagonegro. La risposta è semplice e nella sua banalità anche scontata: per interscambio con la vecchia linea statale Lagonegro-Sicignano.
In quella valle chiusa tra i monti avverto una Lucania estranea, poco vissuta, ma l’addentrarmi in val Noce mi riporta immediatamente in scenari emotivi più familiari. Molto.
Oltre quei monti, oltre Castelluccio si aprirà la porzione lucana interna del Golfo di Policastro. Avrò terminato la mia adolescenza in quel mare ma forse me ne sono accorto a posteriori. O forse oggi.
Dopo pochi km raggiungo Castelluccio Inferiore. La stazione ha “sembianze umane” e nelle prime luci del tramonto ne scorgo facilmente il fascino di luogo di partenza/arrivo. Lo stabile,rimodernato, è ancora adibito a stazione di autobus.
Castelluccio è proprio lì sopra e poco oltre ancora, le case a schiera di Castelluccio Superiore, la cui stazione è dopo il paese, sulla strada che mi riporta sulla via per Lauria.
Mi lascio alle spalle la valle del Mercure salendo per tornanti che piano piano mi riaprono gli orizzonti sulla linea dei monti costieri. La valle del Noce.
L’angolo di Lucania più bello. Il mare è dietro quelle vette di cui il Coccovello mi porge il suo volto oscuro. Sarà che oltre quei monti ho passato tante delle mie estati o forse niente di tutto questo, ma la valle mi si presenta davanti agli occhi in tutto il suo abbraccio caloroso, affettivo, penetrante.
Prestieri la scorgo prima di raggiungere Galdo, lungo la strada. È bagnata , sembra essere in alta montagna, eppure il mare emana bagliori oltre quei monti che ne annunciano la presenza. Prestieri è un non luogo. Forse lo vedo soltanto io. Le poche auto che passano sembrano appartenenti ad un’altra epoca, un’altra dimensione. Sfrecciano come se non ci fosse nulla sul ciglio della strada. Sento il rumore del mare. Non è possibile sentirlo eppure vi garantisco che a Prestieri si sente il rumore del mare.
Galdo è la porta che mi fa entrare nel Golfo di Policastro. La stazione della frazione lauriota si trova al centro di una pianura, convive con il modernizzarsi dei tempi mantenendo il suo antico abito. Galdo è un punto di partenza tra segmenti di vita, la mia adolescenza. Mai stato a Galdo in tutta la mia esistenza durante l’adolescenza ma apre comunque il cunicolo temporale che mi proietta in un Golfo di Policastro interno del passato.
Le nubi minacciano pioggia quando raggiungo la stazione di Lauria, incastonata tra monti e rocce con il rumore del fiume appena sotto. In quell’esatto momento in cui arrivo a Lauria stazione sono completamente solo e può essere un qualsiasi giorno del 1990 o del 1980. C’è una strana nostalgia a Lauria. Inverno. Le luci sono fioche, non accade nulla ma pare possa accadere qualsiasi cosa. Lauria è uno stato d’animo non identificabile e ti schiaccia sotto il peso dei nuvoloni pesanti che si abbassano dalle cime dei monti.
Lauria non si vede, si srotola sotto il costone della collina scendendo vertiginosamente a valle, frastagliata e tortuosa come un anaconda. Di notte mostra il suo profilo più bello soprattutto quando la vedi dall’altro lato. Un fascio di luci folgoranti nella notte lucana. Vado via da Lauria oltrepassando fermate e stazioni minori tra cui Nemoli e Rivello.
La notte è nera nella Valle del Noce. Le strade secondarie la oltrepassano nel suo buio ma se conosci la geografia immagini dietro quei monti tutta la linea del golfo fino al Bulgheria. Tutta la mia adolescenza.
Ti devi fermare lungo la strada, nel buio del Noce. Tappa obbligata. Notti di luna piena. E non importa la via del ritorno quanto sia lunga , importa solo capire perché sia più importante il mare dietro quei monti che il mare stesso.
Il buio del Noce e i bagliori del Golfo di Policastro. Tutto in una notte. Devo raggiungere Lagonegro.
Il paese è uno grosso nodo di spago ingarbugliato la cui stazione la raggiungo nel nero totale. Ne scorgo solo i propri fantasmi, o forse i miei.
Lagonegro è incastrata tra le pendici del Sirino, dall’altro lato la schiera di cime che chiude la valle con le luci di Rivello e Trecchina. Oltre quel nero, invisibili, Maratea e Sapri.
Di treni nemmeno il ricordo e quando imbocco lo svincolo autostradale mi sembra di tornare nel mondo attuale con un viaggio in più, scoperto in un segmento di regione che potrebbe non aver senso ma che nella sua introspettività alimenta sogni. E giuro che è andata davvero così. In un modo o nell’altro siamo artefici dei nostri destini, dei nostri viaggi e delle nostre stazioni e i luoghi che fanno da sfondo alla nostra esistenza esercitano un ruolo di primo piano, come una colonna sonora della nostra vita.
Forse lì, dietro quei monti, davvero è terminata la mia adolescenza la cui eco si espande fino alle zone interne confinanti che, per il solito concetto di Sabato nel villaggio o chiamatelo come vi pare, diventano più affascinanti dei luoghi stessi che mi videro adolescente.
Una linea ferroviaria dismessa, un’afferenza magnetica dai monti al golfo. Un altro volto lucano che toglie il fiato.

Lauria

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