Era il 9 giugno del 1990 quando, da poco subentrato a un deludente Carnevale, Salvatore Schillaci faceva il suo esordio al Mondiale italiano.
In pochi lo conoscevano. Doveva essere la terza scelta dell’attacco azzurro. Persino l’album Panini del Mondiale non gli aveva dedicato la figurina personale. Probabilmente non avrebbe giocato mai.
Invece Vicini per sbloccare il muro austriaco, per chissá quali motivi, giocò proprio la carta Schillaci.
Pochissimi minuti dopo il suo ingresso e a una manciata di minuti dalla fine del match, Totò diede il via al suo mondiale personale, alla prima delle vittorie azzurre e alle notti magiche.
Si creano talvolta alcune alchimie strane d’estate. E così fu che in quella del ’90 qualsiasi palla toccasse Schillaci finisse in rete. Probabilmente anche se avesse tirato dall’altro lato avrebbe segnato. Quello fu un mondiale tutto suo ma anche tutto nostro.
Gran parte dei ricordi di quell’estate è legata agli occhi di Totò. A suon di gol Schillaci ha intrecciato amori, gioie e dolori di un’estate tra le più belle della storia. L’ultima del calcio che fu.
Le sue esultanze rustiche scatenavano phatos di antica memoria. La sua voglia di vincere si trasmetteva a noi attraverso televisori catodici belli doppi. Nei suoi occhi gli occhi di ognuno di noi.
Poche volte nella mia vita ho visto la sinceritá attraverso gli occhi dei calciatori e quella di Totò, come quella di tutti gli altri eroi di Italia ’90, era autentica.
Sí ho detto proprio eroi anche se non raggiunsero che un terzo posto in un Mondiale che avremmo potuto e forse dovuto vincere. Ma permettetemi lo stesso di definirlo imperituro. Anche dopo la capocciata di Caniggia che diede il La ad un decennio di delusione azzurra di rigore.
Contro l’Inghilterra a Bari il 7 luglio 1990 la premiazione più commovente della storia calcistica. Tutti sapevano che quella medaglia non era giusta. Avremmo dovuto alzare la coppa.
Tutto iniziò con quel salto contro l’Austria, quel colpo di testa tra i giganti austriaci. Questione di centimetri. Quello che sarebbe potuto essere, quello che sarebbe stato giusto, quello che non sarà mai.


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