…continua dal precedente.
Anno di grazia 2005.
Non avevo ancora capito la differenza tra una mela e una bicicletta. Probabilmente per farlo avrei dovuto mordere una bicicletta e fare un giro su una mela. Ma più realisticamente ero ancora acerbo e poco più che ventenne.
Non ero sicuro di fare la cosa giusta, d’altronde difficilmente l’avrei fatta in quell’anno.
Verso le 20 avevo scovato un treno che da Metaponto scendeva giù fino allo Stretto e avevo deciso di prenderlo. Non potevo lasciare le cose a metà. Non era nelle mie corde.
Il treno partiva a mezzanotte dalla stazione del borgo jonico. Sarei arrivato all’alba a Villa San Giovanni e poi da lí avrei raggiunto la mia destinazione verso le 11.
Ancora oggi non so esattamente perché decisi di prendere quel treno. Mi piace pensare per spirito di avventura e col tempo mi sono convinto di ciò rafforzando questa certezza che è diventata parte di me e in parte era vera.
Ma non era tutto.
Andavo giù in Sicilia per chiarire qualcosa che non mi faceva stare bene. Forse.
O forse per chiuderla nel peggiore dei modi. Ma andavo giù ed era giusto così in quel freddo febbraio 2005.
Nella stazione di Metaponto quella notte ero solo. Il vento gelido sbatteva la porta della sala d’aspetto e una strana tensione avvolgeva tutto lo scenario notturno.
Ero solo.
Il treno arrivò con i suoi vagoni vuoti. Non c’erano più di dieci passeggeri in tutto il convoglio. Dormii quasi tutto il tempo costeggiando il mare Jonio illuminato dalla Luna mentre sprofondavo nel sud estremo d’Italia per l’ultima volta. Quell’ultima volta i paesini sconosciuti che si susseguivano lungo il percorso stimolavano la mia curiosità in maniera particolare e, non conoscendo i loro nomi, le loro storie, mi sembravano tante luci affondanti nella nera notte invernale, sospesi nel cielo scuro come piccole galassie. Questi paesi ignoti accentuavano la mia spensierata condizione di “viaggio della disperazione” riflettendomi la loro estraneità con freddo fascino. Di giorno invece lo stesso paesaggio si sarebbe trasformato perdendo la magia notturna e sarebbe uscito dal mio interesse subendo la mia vendicativa indifferenza ma ora era notte fonda ed ero io la vittima incantata del loro conturbante incantesimo.
In uno dei tanti risvegli ricordo che aprii gli occhi in una Locri spettrale alzando la testa dalla poltrona dello scompartimento, dove mi ero disteso completamente. Alzai la testa come un bambino quando è nascosto e deve spiare qualcuno per riabbassarla immediatamente neanche mi stessero cercando,e ripresi il sogno.
Le emozioni si fondevano in un nodo complicato da sciogliere. Tuttavia mi chiedo cosa avrei ricordato oggi se quella sera avessi deciso di guardarmi un fottuto film alla televisione.
Fu un viaggio strano, di quelli difficili da spiegare e che mi ripiomba in mente oggi perché , rimettendo ordine in un vecchio zaino, o nella mia vita, mi si presenta davanti agli occhi, tra le tante foto e lettere contenute in esso, un biglietto per Palermo. Quel biglietto per Palermo.
A 20 anni da quella partenza e da quella scelta mi resta questa sola immagine a farmi compagnia ripensando a quel mio tormento lasciato chissá come a Palermo in quella serata di merda,ed è legata indissolubilmente a quel biglietto, a quella stazione, a quella scelta, a quella notte.


Lascia un commento